Beccantini: "Dybala ha qualcosa di Sivori"

27.01.2016 14:30 di  Redazione TuttoJuve  Twitter:    vedi letture
Beccantini: "Dybala ha qualcosa di Sivori"
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Roberto Beccantini parla di Paulo Dybala: "I paragoni, nello sport, sono come le luci al neon di certi locali: ti seducono, entri, ma non sempre trovi quello che avresti desiderato. Sono i giorni, questi, di Paulo Dybala. I confronti crepitano. C’è chi ne ha avvicinato lo stile ad Alessandro Del Piero, chi a Roberto Baggio e chi, soprattutto, a Omar Sivori. Mi iscrivo, buon ultimo, al partito dei sivoriani. C’entra la terra di origine, naturalmente, quell’Argentina in cui entrambi sono nati e dalla quale Omar emigrò nel giugno del 1957. Non aveva ancora 22 anni. La stessa età di Dybala all’atto della firma. C’entra, anche, la squadra che li accomuna: la Juventus. I colori delle maglie, se condivisi, moltiplicano le suggestioni. Scovato da un agente di Maurizio Zamparini, e reclutato da Beppe Marotta per sostituire Carlos Tevez, l’Apache trascinatore, Dybala si trova accostato, dopo appena ventun giornate di campionato, a un fuoriclasse che ha scritto la storia della Juventus e di molto altro.
Sivori, che era cresciuto ed esploso nel River Plate, e avrebbe poi concluso la carriera a Napoli, giocò nella Juventus fino al 1965, per un totale di 253 partite e 167 gol. Vinse tre scudetti, tre Coppe Italia, un titolo di capocannoniere e nel 1961, in qualità di oriundo, il Pallone d’oro. Il calcio, per Omar, era arte e guerriglia. Non era mai sazio, e noi mai sazi delle sue offerte. Uomo di sinistro come Dybala, capace di giocate al limite della perversione estetica. Importò il tunnel, non porgeva mai l’altra guancia, e spesso - per paura di essere menato - menava per primo. Irrideva gli avversari, li stanava, li coricava in dribbling: credo che sia stato il papà di Diego Maradona e, dunque, il nonno di Leo Messi.
Ho colto tracce di Sivori nell’arrogante stop di coscia con il quale Dybala liberò il mancino contro la Lazio, a dicembre. E nella carezza di esterno sinistro con cui, domenica sera, ha preparato il colpo di bisturi fatale ai riflessi di Wojciech Szczesny. Il portiere della Roma se lo aspettava, sì, ma una frazione di secondo dopo.

I calzettoni giù, alla cacaiola, divisi esclusivamente dall’uso dei parastinchi, che allora non erano obbligatori, costituiscono un altro elemento di complicità.
Omar fu chiamato da Umberto Agnelli perché la Juventus ripartisse. Paulo è stato arruolato da Andrea, figlio di Umberto, perché la Juventus continui. I gol di Omar erano schizzi geniali: ne ricordo uno, da terra, all’Inter di Helenio Herrera. E se gli capitava un rigore a risultato acquisito, fingeva magari di non infierire, giocando sul concetto di destra-sinistra, «tranquillo, te lo tiro a destra», sì, ma quale, la sua o quella del portiere? Successe all’Appiani di Padova, contro il Padova di Nereo Rocco: neppure tra le nuvole Antonio Pin ha smesso di inseguirlo. Boniperti, Charles, Sivori: si diceva trio, non ancora triade. Giampiero Boniperti era la torre di controllo che governava, sbuffando, atterraggi e decolli. John Charles, il centravanti che tutti avrebbero voluto. L’unico dal quale Omar accettò addirittura uno schiaffo: aveva perso la testa, e il paziente gallese lo costrinse a ritrovarla. Omar non si limitava a collezionare gol: li creava. Diventò un idolo e un simbolo. Eccitava persino i tifosi delle altre squadre, pronti a fischiarlo in curva e a sognarlo in ufficio. Era il «vizio» dell’avvocato Agnelli. Un «dieci» marcabile solo quando aveva la luna di traverso, e comunque fuori catalogo. Un angelo dalla faccia sporca. Detestava l’ordine, gli ordini. E nel parlare di Maradona, era come se parlasse di sé stesso. Arrogante? Mica tanto, almeno in questo caso. Se ne andò, senza lasciarci, il 17 febbraio 2005, a 69 anni."