Ricordate quel giorno? JUVENTUS-LAZIO

La rivisitazione di alcune partite giocate dalla Juventus; storie di vittorie e di sconfitte per riassaporare e rivivere antiche emozioni
18.04.2015 14:54 di  Stefano Bedeschi   vedi letture
Ricordate quel giorno? JUVENTUS-LAZIO
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Ultima giornata del campionato 1966-67: Inter 48 e Juventus 47. I nerazzurri devono andare a Mantova, la Juventus ospita la Lazio. Nessuno si fa grosse illusioni, perché una squadra esperta come l’Inter difficilmente si fa ingannare al momento decisivo, ma insomma c’è suspense. I nerazzurri intanto debbono disputare a Lisbona, giovedì 25 maggio, la finalissima di Coppa dei Campioni contro gli scozzesi del Celtic; chiedono il posticipo dell’ultima di campionato (28 maggio) che viene concesso al giovedì successivo, 1° giugno, in cui anche la Juventus pretende di giocare la sua partita, per non concedere all’avversario punti di riferimento con il risultato già noto in anticipo.
Ai giocatori virgiliani viene offerto un sostanzioso premio in caso di vittoria, tanto per incentivare il loro impegno. Accettano tutti: da Zoff, portierone all’inizio della sua leggendaria carriera a Giagnoni che, invece, è quasi al capolinea; da Spelta, Tomeazzi e Corsini a tutti gli altri. Soltanto un giocatore rifiuta: è Beniamino Di Giacomo, detto Gegè, come il batterista del complesso di Carosone, il quale ha giocato per qualche anno come centravanti nell’Inter e non se la sente di accettare soldi in più in cambio di un maggiore impegno sul campo.
Il Mantova, allenato da Cadè, si schiera con Zoff; Scesa e Corsini; Volpi, Spanio e Giagnoni; Spelta, Catalano, Di Giacomo, Salvemini e Tomeazzi.
Risponde l’Inter: Sarti; Burgnich e Facchetti; Bedin, Guarneri e Picchi; Domenghini, Mazzola, Cappellini, Suarez e Corso.
A Torino, invece, le formazioni sono le seguenti: Juventus: Anzolin; Gori e Leoncini; Bercellino, Castano e Salvadore; Favalli, Del Sol, Zigoni, Cinesinho e Menichelli. Lazio: Cei; Zanetti e Masiello; Carosi, Pagni e Castelletti; Di Pucchio, Burlando, Morrone, Marchesi e Sassaroli.
L’Inter incomincia fortissimo: Suarez si piazza a centro campo e, come al solito, comanda il gioco a bacchetta: Anche Corso sembra ispirato e così la difesa: attenta, precisa, implacabile. Il centrocampo, con l’aggiunta di Domenghini e Bedin, funziona bene, soltanto Mazzola è un po’ giù di corda, per via di una condizione fisica inadeguata. Ma proprio lui, poco prima della mezzora, colpisce una traversa clamorosa, con Zoff inesorabilmente battuto. Il primo tempo finisce 0-0. Stesso risultato a Torino tra Juventus e Lazio. Il traguardo, per l’Inter, sembra sempre più vicino: ancora quarantacinque minuti ed è fatta.

“LA STAMPA”:
0-0 il primo tempo a Torino ed anche a Mantova, ci segnala il collega della cabina radio. Ripresa: Bercellino al 3’ porta in vantaggio i torinesi con un goal che è il simbolo della loro tenacia. Bercellino si è infortunato, poco prima, scontrandosi con Carosi ed è stato costretto a lasciare il posto abituale di difensore per passare all’attacco. Ha una caviglia gonfia, ma non ha nessuna intenzione di rallentare il ritmo. Con slancio si butta in ogni mischia, con volontà caparbia a contrastare ogni pallone che transita dalle sue parti. Zoppica leggermente, Berceroccia, ma nessuno se ne accorge tanto è l’impeto suo e dei suoi compagni. Su un calcio d’angolo battuto da Cinesinho, deviato da Favalli e respinto debolmente da Carosi, Bercellino balza alto per colpire il pallone di testa: la palla termina nella rete difesa da Cei. Dopo pochi minuti dalla cabina radio un collega in contatto con il centro si sporge agitando le braccia, l’Inter perde a Mantova 1-0, i nerazzurri sono superati in classifica. La notizia vola lungo le gradinate per le misteriose vie dell’intuito e della passione: l’Inter perde, la Juventus è Campione d’Italia!
Saranno ancora lunghi, i minuti di passione. Sullo slancio Zigoni segna il 2-0, a 4’ dalla fine c’è un rigore per la Lazio, realizzato da Di Pucchio, che quasi passa inosservato, con l’attenzione tutta rivolta alla ricerca di notizie da Mantova, perché non ci sono collegamenti radio diretti. La tensione finisce a partita oramai conclusa; l’altoparlante annuncia la sconfitta dell’Inter, i tifosi esultano, abbracciandosi entusiasti, prima di invadere il campo e di portare i giocatori in trionfo.

“HURRÀ JUVENTUS”:
Nonostante la giornata feriale, lo stadio era abbastanza affollato (forse più di 25 mila persone) e c’era nel pubblico, di cui faceva parte anche un folto gruppo di tifosi laziali, scesi addirittura da Roma per sostenere la loro squadra nell’ultimo drammatico cimento, una singolare animazione. L’incontro che, in altre circostanze, sarebbe stato di debole richiamo, acquistava per l’occasione una portata eccezionale. Non era solo l’ultima partita di campionato, in cui si trattava per i tifosi juventini di dare l’addio alla squadra del loro cuore, ma c’era in ballo perché no, addirittura lo scudetto e per la Lazio c’era in gioco la retrocessione. Dominava quindi un’atmosfera tesa ed aleggiava nell’aria l’aspettativa di grossi eventi: forse uno strano telepatico prato? Se pochi osavano confessarlo, molti juventini di fede incrollabile, erano indotti, magari anche per naturale fenomeno di suggestione collettiva, ad accarezzare con il pensiero una certa eventualità clamorosa contro la logica delle previsioni. In quel momento, sta di fatto, che tra Torino e Mantova il tifo calcistico avesse creato un singolare gemellaggio (che, anzi, i laziali avranno esteso a Vicenza, a Ferrara e a Brescia). Quest’ultima “codina” del campionato era davvero impregnata di giallo: il giallo della suspense. Diciamo subito che il primo tempo della partita fu tale da acuire il giallo per i tifosi juventini, ma in senso negativo e cioè smorzando quel certo ottimismo. La squadra bianconera invano tentava per 45 minuti di sfondare la munitissima barriera dei laziali che, evidentemente puntavano disperatamente allo 0-0, che difatti fino al riposo riuscirono a conservare. Partita scorbutica, dunque, per la Juventus come si doveva prevedere: un monologo sì, sotto la porta di Cei, ma un monologo con scarso costrutto, fatto di passaggi sbagliati e senza nemmeno un tiro in porta pericoloso.
Nell’intervallo il telefono (il grande protagonista della giornata) portava da Mantova una notizia che aveva il merito di lasciar tutto impregiudicato: anche a, Mantova il primo tempo si era chiuso 0-0. Ma la ripresa era subito tale da accendere i mal sopiti entusiasmi: sin dalle prime battute si è capito che la Juventus, nell’ora cruciale, aveva ritrovato sé stessa: era la Juventus che i suoi tifosi volevano, anzi esigevano: lucida, aggressiva, travolgente. Al 2° minuto Bercellino, portato all’attacco molto opportunamente (anche perché si era infortunato nel primo tempo) segnava di testa a conclusione di un corner tirato magistralmente da Cinesinho. Quasi nulla la reazione dei laziali ed intanto il telefono portava da Mantova la notizia prodigiosa: l’Inter perdeva per 1-0. Nel campo gli applausi cominciarono ad esplodere, i bianconeri si galvanizzarono: ormai non potevano più fare a meno di vincere. E difatti al 18’ Zigoni, su azione analoga alla precedente, raddoppiava il punteggio. Mentre sul campo oramai la Juventus teneva saldamente in pugno la preziosa vittoria, mentre la Lazio, ormai rassegnata andava alla deriva esprimendo il suo comprensibile dispetto con un nutrito susseguirsi di falli plateali, gli occhi juventini erano soprattutto puntati sulle lancette degli orologi e gli orecchi erano protesi al famoso telefono. Un solo episodio arrivò a distrarci, un episodio che in altrepiù calorose reazioni di sdegno: l’arbitro Monti, limitiamoci a dire per esibizionismo, a due minuti dalla fine inventò un rigore a favore della Lazio per un casualissimo fallo di mano di Castano. Il conseguente goal di Di Pucchio indispettì soprattutto Anzolin, fino a quel momento rimasto assolutamente inoperoso, ma non mutava nulla. Quel che invece mutava tutto era la notizia giunta nel frattempo da Mantova: l’Inter aveva perso e la Juve aveva vinto il suo 13° scudetto!
Al fischio finale il pubblico irruppe in campo in una dimostrazione di entusiasmo irrefrenabile e commovente come non mai, dedicata ai suoi beniamini, a Heriberto Herrera ed al presidente Catella. Sensazionale: mentre ancora si stentava a credere vera la grande notizia, di cui i più cauti attendevano conferma ufficiale dall’altoparlante, abbiamo visto gli striscioni bianconeri con su scritto: “W il tredicesimo scudetto”.
Vox populi, vox dei? Ciò che intensamente ha voluto il vasto popolo juventino ha voluto il Dio del calcio? C’è da pensarlo.