Sotto la lente - Giustizia domestica double face

19.12.2014 02:25 di Carmen Vanetti Twitter:    vedi letture
Sotto la lente -  Giustizia domestica double face
TuttoJuve.com
© foto di Marco Iorio/Image Sport

Certo, la madre di tutto sta nel 2006, inutile negarlo e inutile tacerlo, è un qualcosa che ci ha ferito tutti e che niente potrà mai rimarginare.
Quella giustizia tanto rapida, col benestare di tutti, carnefici esterni e interni, così vogliosa di toglier di mezzo quella Juve che dava fastidio a troppi (e il calcio in sé era solo una delle componenti di quel fastidio), aveva spedito la Juve a spron battuto in serie B, fregandosene altamente del fatto che mancasse qualsiasi prova (con Zaccone basta la parola!), del fatto che quel reato non fosse nemmeno contemplato dal codice sportivo, che venissero violati i diritti delle difese, che il commissario straordinario fosse uomo di parte, che nulla quadrasse in quel castello di fandonie.
E nel contempo impiegandoci ben 5 anni per deferire l'Inter, davanti a illeciti che più evidenti di così sarebbe impossibile: non solo le telefonate, ma anche gli incontri di persona con un arbitro in attività, usato come cavallo di Troia e portato di banca in banca a trovar lavoro, mandato dalla Boccassini (cosa si saranno detti è rinchiuso in quel famigerato fascicolo mod. 45 che ci viene accuratamente tenuto nascosto); per non dire dello spionaggio targato Telecom-Pirelli ai danni di arbitri e di dirigenti bianconeri. Perché questa attesa? Elementare, Watson, bisognava attendere l'intervenire della prescrizione sennò quel mecenate che aveva speso centinaia di milioni sarebbe finito in serie B e, come già detto in passato da Carraro, su Moratti non si può...

Questa la disparità di trattamento  denunciata da Andrea Agnelli, questo il macigno che grava sul calcio italiano, una pietra al collo che lo sta trascinando sempre più giù.
Già, perché il nuovo calcio pulito, partorito da quell'aborto giuridico, non perde la benché minima occasione per ribadire la sua doppia velocità e natura, tartaruga e carota per gli amici e gli amici degli amici, lepre e bastone per gli altri; con una particolare attenzione per le solite camarille all'italiana, quei miscugli di malaffare che già avevano recitato la loro parte in Farsopoli.

Due pesi e due velocità, dunque.
Qualche esempio? Presto detto. Cominciamo dai pesi o, se vogliamo, dal bastone e dalla carota.
Si parte da  er Viperetta, lo strabordante presidente della Sampdoria che il 27 ottobre, in riferimento all'indonesiano Erick Thohir, si era lasciato andare in uno sconveniente "Dissi a Moratti di cacciare quel filippino"; il 10 novembre è arrivato il deferimento e il 15 dicembre la sanzione di tre mesi di inibizione; sacrosanto sanzionare, ma perché lo stesso metro non è stato usato per il presidente federale Tavecchio ai tempi del suo Optì Pobà, derubricato in Italia (quell'Italia che sanziona persino la discriminazione territoriale, 'reato' tutto italiano) a semplice gaffe o battuta infelice e archiviato a tempo di record dalla Procura Federale? Salvo poi essere stato oggetto di sanzioni dalla Uefa e dalla Fifa, che sul razzismo non intendono scherzare.
Morale della favola: la Procura sa usare, se vuole, il bastone, ma non per tutti: per i sodali "i fatti di rilievo disciplinare sia sotto il profilo oggettivo sia sotto il profilo soggettivo" non emergono, sepolti come sono sotto camionate di sabbia, carta, cartoni e polvere; che importa se poi Uefa e Fifa mettono a nudo l'umiliante situazione in cui si dibatte il calcio italiano, governato da un summit di dinosauri e faccendieri che si nascondono dietro l'insegna di un circolo della caccia?

E adesso occupiamoci della velocità, lepre e tartaruga.
Per qualcuno i deferimenti preferibilmente non arrivano o, se lo fanno, è timidamente, con oltre un anno di ritardo...
Prendiamo il caso della Roma, che il ponentino vuol sospingere verso il titolo: perché non è ammissibile che Totti, l'icona, la leggenda del calcio italiano sia fermo a un solo scudetto nel palmarès, e per di più vinto "tutti noi sappiamo come", grazie cioè al cambiamento delle regole in corsa, giusto alla vigilia di Juve-Roma, che altrimenti per l'affaire passaporti in parecchie (Inter, Roma, Milan, per esempio, ma non la Juve) avrebbero rischiato almeno almeno forti penalizzazioni in classifica: un tempismo ammirevole, per consentire ai giallorossi di festeggiare, sia pure in leggero ritardo, il giubileo (ma l'anno prima era toccato ai cugini laziali, deus ex machina il pelato arbitro di pallanuoto).

Parliamo dunque... della gara Livorno-Roma del 25 agosto 2013; è passato un po' di tempo ma Palazzi si è ricordato solo adesso che in quella gara Rudi Garcia ed uno dei suoi secondi, il tattico Frédéric Bompard, avevano "utilizzato, in concorso tra loro, 'sistemi elettronici di comunicazione', nel caso di specie un cellulare, durante la gara Livorno-Roma". Per regolamento non si può: ma Palazzi, prima di toccare le Loro Maestà si è sentito in dovere di espletare la relativa attività di indagine e di richiedere il parere della Fifa in materia; morale della favola: solo il 5 dicembre 2014, dopo 16 mesi, è arrivato il deferimento; peccato che nel frattempo i due di cui sopra abbiano continuato tranquillamente i loro conversari; certo la Roma è stata sanzionata con ammende, ma evidentemente i benefici tratti da questo metodo non lecito erano superiori al danno economico; e adesso ci troviamo con tutta una serie di partite disputate dalla Roma, in due campionati, in condizione di vantaggio ottenuto in violazione delle regole; e parliamo della stessa Procura Federale che due anni fa, ai tempi della squalifica di Conte, su richiesta del Napoli aveva addirittura mandato precipitosamente i suoi ispettori allo Juventus Stadium per verificare la fantomatica esistenza di un tunnel che collegasse gli spalti con lo spogliatoio, in modo da permettere al tecnico di colloquiare con i suoi nel corso dell'intervallo. Tanta solerzia (sprecata, perché era pura fantasia malata) allora, tanta inerzia ora. Per far finir tutto, ormai ne siamo convinti, in una bolla di sapone.
Ma in Figc non ci sono solo tartarughe, quando serve entrano in funzione i leprotti. Soprattutto se a far loro un fischio è il dominus Lotito.
Uno che quando parla in italiano va giù a grana grossa, per i discorsi più aulici c'è il latinorum alla vaccinara: ne è prova l'appellativo di "cosi" in riferimento ai bambini africani sotto la protezione di Tavecchio; e gli capita così di sbroccare, come quando, in riferimento all'amministratore delegato della Juventus, si è prodotto in un "Il problema con Marotta è che con un occhio gioca a biliardo e con l'altro mette i punti". Una frase non solo offensiva, addirittura rivoltante, a maggior ragione se si guarda alla carica di consigliere federale ricoperta dal personaggio in questione. I fatti sono avvenuti il 26 settembre e il 7 ottobre è arrivato il deferimento; naturalmente da parte di Lotito nessuna parola di scusa nei confronti del dirigente bianconero il quale, a buon diritto offeso, il 9 ottobre presentava alla Procura federale la richiesta di poter querelare Lotito, visto che una norma bislacca impedisce ai singoli di querelare un altro tesserato senza preventiva autorizzazione pena sanzioni, ovvero squalifiche. Ripeto, la norma è assurda  e già nel basket è stata sconfessata dalla Corte d'Appello federale in quanto lesiva dei diritti garantiti dall'art. 24 della Costituzione che "riconosce a ciascuno il diritto di agire in giudizio a tutela dei propri diritti". Ma tant'è, sappiamo che nel circolo della caccia ci vuole la cravatta giusta e il bianconero dev'essere il colore sbagliato. Da via Allegri la risposta a Marotta e alla Juventus, solidale col suo AD, tardava fino ai primi di dicembre quando Lotito patteggiava (ex art. 32 sexies del Codice di Giustizia Sportiva) una multa di 10.000 euro (e 10.000 alla Lazio per responsabilità oggettiva); e subito la Figc rispondeva a Marotta negandogli il permesso di querelare Lotito in quanto era già intervenuta la giustizia sportiva. Una vicenda che comunque potrebbe non essere conclusa qui, ma la cui tempistica è illuminante circa i metodi usati dall'arroganza del potere per tutelare i suoi adepti.

Ebbene, pare proprio che la bilancia, simbolo della giustizia, abbia bisogno di una bella registrata. Perché lo tsunami del 2006 l'ha definitivamente starata; o c'è qualcuno in grado di truccarla ad personam. Una tecnica, quella dell'ad personam, anche questa molto in voga nel circolo del caccia.