Goal o non goal, è Alvaro l'arma in più dei bianconeri

25.01.2015 23:00 di Caterina Baffoni   vedi letture
Goal o non goal, è Alvaro l'arma in più dei bianconeri

Non ha segnato molto, ultimamente. Eccezion fatta per il goal messo a segno sul dischetto in Coppa Italia contro il Verona di giovedì scorso. Eppure, quello che succedeva in Juventus-Parma fotografava benissimo la voglia di bruciare le tappe del giovane spagnolo: è stato in campo 19 minuti e ha segnato due goals quel giorno. Non perde tempo Alvaro, anche se ha solo 22 anni e una carriera davanti, perché sa che quando sei in una grande squadra come la Juventus la concorrenza è tanta e non puoi sprecare le occasioni che ti vengono concesse. Sarà per questo che Alvaro ha imparato a sfruttare ogni minuto utile. I numeri dicono tutto: 207 minuti in campionato e 4 gol. La sua media è la migliore della Serie A. Da quel giorno, Alvaro non ha più segnato, ma il suo contributo è sempre stato vincente, come se avesse messo a segno altri goals. Altruista e sempre a disposizione della squadra: ad oggi, il numero 9 bianconero è anche questo.

 Alvaro Borja Morata Martìn, nato a Madrid il 23 ottobre 1992,  fin che il calcio è entrato sistematicamente nella sua vita, opera da centravanti. A testimoniare la sua duttilità è stata l'esperienza di Madrid.

L'esordio di Morata con la maglia delle Merengues, quando in un inutile finale di partita subentra a Di Maria. Una presenza anche nella stagione successiva (2011/12), che s rileverà d'oro nel ruolo di coadiuvatore delle manovre offensive. Così il 2012/13 è l'anno calcistico della prima grande prestazione e del primo goal di Morata nella Liga (goal partita contro il Levante, 2-1) e dell'esordio europeo con tanto di assist a Callejon nel 4-1 conseguito dal Real contro l'Ajax (entrato a gara in corso in sostituzione di Benzema). Un crescendo di anno in anno, senza flessioni, magari anche senza la consacrazione che ci si poteva attendere al servizio di Ancelotti dopo la cessione di Higuain al Napoli non compensata dal club nel ruolo di prima punta. Un crescendo che lo ha fatto emergere con facilità nel calcio che conta. Un crescendo anche senza infortuni degni di nota, una costante invece dei primi anni di Morata nel settore giovanile dell'Atletico Madrid dove pagava spesso a livello di articolazioni e muscoli quella crescita costituzionale di cui sopra. Un crescendo che comunque lo ha messo al centro del mercato internazionale e che gli ha permesso di scendere in campo durante la finalissima di Champions vinta dal Real proprio contro l'Atletico. Destino. Con una storia ancora tutta da scrivere davanti. 

Ma Alvaro, non è soltanto una punta a cui affidare il ruolo di "bomber". Egli è il classico esempio di come la squadra venga prima del singolo. L'emblema de "l'unione fa la forza".

E' vero, è una prima punta abbastanza naturale, sulla falsariga della moda spagnola più moderna: più un mix tra Morientes e Torres. Ha tecnica, progressione, capacità di dialogo, concepisce il calcio come un gioco collettivo. Eppure il suo feeling storico è con la porta avversaria e con la capacità di servire il proprio compagno, con un potenziale davvero notevole da poter far fiorire ancora . In sostanza si tratta di un attaccante atipico per come può essere concepito e recepito in Italia. Capace dentro l'area, abile nel cercarsi spazi svariando e servendo i compagni da ogni angolo del campo. Tecnica eccellente, avvantaggiata dall'essere un ambidestro. Abile nel dribbling. Discretamente forte di testa anche se i centimetri potrebbero far di più (il padre Alfonso: "Ha il vizio di non farsi spazio in aria con i gomiti, qui può e deve ancora crescere") e bravo a difendere palla. Dote migliore, come detto: sa fare gol. Quando conclude in porta piazza preferibilmente la palla per eludere l'intervento del portiere. "Diventerà il centravanti più forte di tutti" dice qualcuno, per un semplice motivo: quelle di Morata sono tutte giocate intelligenti. 

Forse allora il grosso, sta nell'attitudine mentale, non tanto nel peso della maglietta, al di fuori di un contesto che gli ha sempre comunque fatto da culla come quello del Real Madrid e della città di Madrid in genere. Cambiare non è mai semplice, ma se lo fai le condizioni buone possono essere due: l'esperienza acquisita (e non è qui il caso, perchè è a Torino che vuol consacrarsi) oppure la voglia di dimostrare una volta per tutte di essere un calciatore globale, capace di gonfiare la rete e di fala gonfiare, dentro un calcio che è ormai anch'esso globale. L'adattamento sarà quindi tutto il suo punto di forza. Anche perché atleticamente il genere di allenamenti cambia ancora, e alza l'asticella verso l'alto. Ma Morata è un calciatore integro, volitivo, cosciente dei propri mezzi. Tecnicamente e tatticamente non lo si può discutere: ha il calcio negli occhi, e i movimenti nella mente: basti pensare che il più delle volte non alza quasi mai lo sguardo per servire i compagno perchè già sa dove si trova.

Il Morata tattico  è un calciatore d'attacco che sfrutta bene l'ampiezza e la profondità del campo. Non è detto però che preferisca agire da solo al centro dell'attacco e prediligere giocate da solo, avendo piedi interessanti e molto educati e una capacità di fraseggio sul corto tipicamente spagnola. A testimoniarlo, le sue ultime partite giocate. Alavaro non segna? La squadra crea e vince di più. Certo, attaccare la porta è il suo mestiere e segnare il suo elisir di lunga vita. Però Morata ha fatto vedere sprazzi di altissimo livello anche partendo centrale defilandosi per combinazioni offensive in fascia: da sinistra generalmente attaccando l'area di rigore e creando spazi, da destra prendendo anche il fondo o penetrando dal lato corto. Attenzione: sarà per i piedi sensibili, ma il ragazzo sa anche mettere dentro palloni molto golosi a centro area. Sempre, appunto, con una certa intelligenza calcistica: delizia e prontezza per i suoi compagni di squadra.

Alavaro non segna? Non è un problema. Quando c'è lui in campo, la Juve vince e convince ugualmente.

A testimoniarlo, le sue parole rilasciate qualche giorno fa ai microfoni: " Ho segnato 4 gol in stagione, ma ne posso fare di più e devo lavorare per questo. La tattica è tutto, in allenamento ne facciamo tanta e io mi devo abituare. Mi piace, sì. Se la squadra vince, sono felice. E' questo ciò che conta di più " .