Bellinazzo (Il Sole 24 Ore): "Dalla sindrome bavarese, parigina o juventina il rischio di una perdita d’appeal per i campionati nazionali"

30.07.2016 08:15 di Redazione TuttoJuve Twitter:    vedi letture
Bellinazzo (Il Sole 24 Ore): "Dalla sindrome bavarese, parigina o juventina il rischio di una perdita d’appeal per i campionati nazionali"
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© foto di M Bellinazzo su twitter

Sulle pagine del suo blog ospitato sul sito de Il Sole 24 Ore, il noto giornalista economico Marco Bellinazzo ha parlato dello strapotere di Juventus e Bayern Monaco nei rispettivi campionati. Ecco il suo lungo post:

"La si potrebbe declinare come “sindrome bavarese” o “parigina” o, perché no, “juventina”. Si sta parlando di quella incipiente “malattia” che affligge i campionati nazionali in Europa, nei quali il gap di rendimento sportivo e finanziario scavato da alcuni club rischia di renderli fin troppo prevedibili. Con danni, a medio-lungo termine, di appeal e di redditività. Un’eccezione sembra essere la Premier League inglese considerata dagli addetti ai lavori e dai tifosi come il campionato più affascinante proprio per la sua imprevedibilità e per la sua capacità di regalare emozioni e risultati spesso inaspettati (e sarebbe anche banale citare la fantastica stagione disputata dagli uomini di Ranieri che hanno portato il Leicester sul tetto d’Inghilterra).

Nell’ultimo decennio sono state quattro le squadre che si sono alternate al vertice della classifica finale: Manchester United (5), Manchester City (2), Chelsea (2) e appunto Leicester. D’altro canto, la Premier, nacque nel 1992 proprio con l’obiettivo di creare le condizioni di un campionato nazionale iper-competitivo in cui cioè non si creassero condizioni di monopolio o di oligopolio e in cui, al contrario, il maggior numero possibile di club potesse aspirare a vincere il titolo.

In Italia, Francia, Germania e Spagna non è così. In Serie A fra il 2007 e il 2016 hanno vinto solo le due squadre di Milano (l’Inter 4 volte e il Milan una) e la Juventus che ha inanellato gli ultimi cinque campionati. Un’egemonia destinata a perdurare alla luce della campagna acquisti di queste settimane che ha portato a Torino campioni del calibro di Higuain, Pjanic e Dani Alves. In Germania, il Bayer Monaco ha trionfato sei volte su dieci e arriva primo da quattro anni consecutivi. Come accade in Francia dove il primato del Psg qatariota appare difficilmente contrastabile e ha messo fine a una competizione che permetteva a molti team di lottare per lo scudetto (cinque diversi tra il 2007 e 2012). Nell’ultima stagione il Psg si è laureato campione di Francia già a metà marzo con 8 giornate di anticipo e chiudendo il campionato con 31punti di vantaggio sul Lione.  Vanno un po’ meglio le cose in Spagna dove almeno c’è il duopolio Barcellona (primo tre volte su quattro nelle ultime quattro stagioni e sei volte nelle ultime 10) e Real Madrid (3 titoli spagnoli nell’arco dell’ultimo decennio) che rende più interessante la contesa, con l’inserimento nelle ultime stagioni dell’Atletico Madrid.

La competitività in questi tornei si abbassa ulteriormente però se si guarda ai primi 4 posti in classifica, a cui arrivano, salvo sporadiche eccezioni, sempre le stesse squadre. Naturalmente, l’acquisizione di questo status di forze egemoni non è una colpa di Psg, Bayern o Juventus. Tuttavia, lo scenario per cui i principali campionati nazionali appaiono di frequente decisi fin dai primi mesi della stagione non è certo esaltante per questi stessi club che della torta degli introiti collettivi come i diritti tv beneficiano più degli altri.

Se nel calcio europeo il livello di competizione interna dei campionati nazionali si è notevolmente abbassata nell’ultimo decennio, la stessa cosa non si può dire per gli sport professionistici made in Usa che negli ultimi anni hanno acquisito sempre maggiore importanza, fascino e introiti. Nfl, Nba, Mlb, e Nhl, per via delle formule con cui vengono disputati e delle regole (contrattazione collettiva dello sponsor in NBA, salary cap, eccetera) risultano essere molto più incerti e imprevedibili. Ne consegue una rilevante attrattività dei campionati, un prodotto maggiormente vendibile e capace di creare valore in maniera esponenziale, sia a livello di lega che di singole società. E questo nonostante si tratti di discipline tipicamente Usa e tutte con un bacino planetario di potenziali spettatori molto più circoscritto del calcio (al quale può paragonarsi solo il basket Nba).

La National Football League (Nfl), principale lega professionistica di football americano, risulta essere un campionato altamente competitivo con 9 squadre diverse a vincere negli ultimi 10 anni (solo i New York Giants hanno vinto il titolo 2 volte). La particolare formula a sorteggio del torneo mette infatti di fronte squadre sempre diverse, dando vita a un campionato incerto fino all’ultima partita. Analogo discorso può essere fatto per l’ Nba, vinta da 6 team diversi negli ultimi 9 anni (Los Angeles Lakers, Dallas Mavericks, San Antonio Spurs, Miami Heat e Golden State). Anche la Mlb, lega professionistica di baseball nordamericana, è stata vinta da 6 team diversi negli ultimi 9 anni, con un leggero predominio dei San Francisco Giants che ne hanno vinto tre. E la situazione non cambia nella National Hockey League (Nhl), competizione anch’essa vinta da 6 team diversi negli ultimi 9 anni, con i Chicago Blackhawks ad aver trionfato tre volte.

Non è un caso, dunque, se nella classifica elaborata da Forbes a inizio mese tra le 20 società sportive più redditizie del mondo figurano 11 franchigie della Nfl e due società della Nba, se la NFL nel 2016 incasserà solo dai diritti tv 3,5 miliardi di dollari e  la Nba ha rinegoziato gli accordi tv con Walt Disney Co. e Time Warner Inc’s Turner Broadcasting per una cifra complessiva che si aggira sui due miliardi di dollari. Si tratta di cifre che oggi solo la Premier league può superare (il nuovo contratto tv 2016/19 garantirà incassi per 3,7 miliardi di euro a stagione). Alle altre Leghe europee  non resta che riflettere sul proprio modello di crescita valutandone i pro e i contro, consapevoli che il rischio per i tornei nazionali potrebbe anche essere quella di una fuga dei club più blasonati verso l’oasi di una Superlega europea di ispirazione americana".